lunedì 21 febbraio 2011

CANICANI recensione

La Trilogia della Famiglia si chiude con un pugno allo stomaco


Buona la prima! Non perfetta, sia chiaro: Canicani, ultimo atto che chiude la Trilogia della Famiglia, ha bisogno di una sforbiciata qua e là, di un po' di rodaggio e della limatura di qualche eccessiva volgarità verbale (come peraltro ammesso dallo stesso autore, Aquilino, al termine della rappresentazione). Ieri sera al teatro Binario 7 di Monza è andata in scena la prima assoluta dello spettacolo, a cui seguiranno la pomeridiana e la serale di oggi. Il pubblico in sala ha applaudito con calore ed è parso aver gradito la resa scenica di questo testo particolarmente intenso che Stefano De Luca ha affidato a un affiatato gruppetto di giovani attori. Due ore e poco più di pugni sferrati con violenza direttamente allo stomaco, senza concedere respiro agli spettatori. Fuor di metafora: Canicani è una discesa per tutti i gironi infernali, senza purtroppo l'ausilio e il conforto di una guida benevola. Solo i più ottimisti (o ingenui) possono sperare di intravedere una luce in fondo al tunnel e di trovare le energie per risalire al purgatorio di una vita "normale". Beh, normale.... Il ménage familiare che vediamo rappresentato sulla scena assomiglia fin troppo a quello che la cronaca (spesso quella nera) e le indagini demoscopiche raccontano di noi.

Il pater familias è padrone assoluto nel chiuso delle quattro mura, ma a sua volta è schiavo passivo della televisione. Incollato, anzi invischiato alla poltrona, non trova la forza, né sente più il bisogno di sollevarsene. La moglie-madre è invece vittima dello stereotipo della "bionda senza cervello", interessata unicamente a sfondare nel mondo dello spettacolo, ad apparire sotto i riflettori. Annamaria Rossano dimostra una fortissima presenza scenica, "occupando" e dominando il palco con le sue mosse, i sorrisi da svampita e l'energia della disperazione che muove la protagonista che interpreta. Da cabaret i duetti con il fratello Lo, interpretato da un effervescente Tommaso Banfi. Tra moglie e marito si recita una tragicommedia che vira al grottesco.

Ma quando entrano in scena i figli, i Canicani, lo spettacolo s'inabissa nei toni più cupi della tragedia dark, in cui gli interventi del macellaio dal sorriso clownesco non servono ad alleggerire l'atmosfera quanto piuttosto ad aggiungere lo sfregio del sarcasmo alla ferita della carne. La canzone del Ristorante del Niente è l'esasperazione angosciante de La casa di Sergio Endrigo (Era una casa molto carina / senza soffitto, senza cucina; / non si poteva entrarci dentro / perché non c'era il pavimento...): i "cuccioli" hanno certamente fame di cibo, ma sono soprattutto bisognosi di affetto. E invece riceveranno soltanto minacce, soprusi e violenze.

Un discorso a parte merita il dibattito sollecitato al pubblico dal regista a fine rappresentazione. Confesso di nutrire qualche dubbio sulla reale utilità di iniziative di questo tipo, considerando il teatro un rito, dunque un qualcosa che si mostra, non che si "dimostra". In particolare mi ha colpito la ferma convinzione, da parte dell'autore Salvadore, del ruolo pedagogico e formativo del teatro e più in particolare di spettacoli incentrati su temi così problematici come quelli affrontati in Canicani. Anche in questo caso non posso che manifestare i miei dubbi.

Ho trovato molto pertinente, e del tutto condivisibile, l'osservazione - domanda di uno spettatore che ha chiesto se vi sia la possibilità di creare un teatro "positivo e propositivo", che indichi in pratica una possibile strada di redenzione, senza "limitarsi" a denunciare i motivi e i modi della caduta. Dopo averci riflettuto, mi viene da rispondere che andrebbe ribaltata la celebre massima con cui Tolstoj dà avvio ad Anna Karenina: "Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo". Il teatro può raccontare il dolore, la sofferenza e la morte perché sono esperienze che accomunano tutti gli uomini, mentre la felicità e la gioia sono "indicibili" perché troppo personali e dunque non teatrali.
Saul Stucchi

CANICANI
drammaturgia Aquilino
regia Stefano De luca
con Enrico Ballardini,Tommaso Banfi, Matteo Barbè, Marta Comerio, Carlo Ponta, Annamaria Rossano e Fabio Zulli
Produzione LUPUSAGNUS



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