Luc Ferry, "La saggezza dei miti", Garzanti 2010.
Calipso chiede a Ulisse di rimanere per sempre con lei. In cambio gli offre l'immortalità e la giovinezza eterna. Ulisse rifiuta. Da pagg. 14 e 15:
"Lo scopo dell'esistenza umana non è, come penseranno poi i cristiani, ottenere con ogni mezzo, anche i più morali e i più difficili da accettare, la salvezza eterna, giungere all'immortalità, perché una vita da mortale realizzata è di gran lunga superiore a una vita da immortale fallita! In altri termini, Ulisse è convinto che la vita "delocalizzata", lontano da casa, senza armonia, fuori dal proprio luogo naturale, ai margini del mondo, sia peggiore della morte stessa.
Di riflesso, indirettamente, viene così abbozzata la definizione della vita buona, dell'esistenza realizzata e si comincia a intravedere la dimensione filosofica della mitologia: alla stregua di Ulisse, occorre preferire una condizione da mortale conforme all'ordine cosmico, piuttosto che una vita da immortale in preda a ciò che i greci definiscono hybris, la dismisura, che ci allontana dalla riconciliazione con il mondo. Dobbiamo vivere lucidamente, accettare la morte, in accordo con ciò che siamo veramente e con ciò che si trova al di fuori di noi, in armonia con i nostri familiari e con l'universo. (...)
E' una lezione di vita che rompe con il discorso religioso dei monoteismi passati e futuri, un messaggio che la filosofia dovrà soltanto, per così dire, tradurre in ragione per elaborare a modo suo dottrine della salvezza senza Dio, della vita buona per noi semplici mortali."
Calipso chiede a Ulisse di rimanere per sempre con lei. In cambio gli offre l'immortalità e la giovinezza eterna. Ulisse rifiuta. Da pagg. 14 e 15:
"Lo scopo dell'esistenza umana non è, come penseranno poi i cristiani, ottenere con ogni mezzo, anche i più morali e i più difficili da accettare, la salvezza eterna, giungere all'immortalità, perché una vita da mortale realizzata è di gran lunga superiore a una vita da immortale fallita! In altri termini, Ulisse è convinto che la vita "delocalizzata", lontano da casa, senza armonia, fuori dal proprio luogo naturale, ai margini del mondo, sia peggiore della morte stessa.
Di riflesso, indirettamente, viene così abbozzata la definizione della vita buona, dell'esistenza realizzata e si comincia a intravedere la dimensione filosofica della mitologia: alla stregua di Ulisse, occorre preferire una condizione da mortale conforme all'ordine cosmico, piuttosto che una vita da immortale in preda a ciò che i greci definiscono hybris, la dismisura, che ci allontana dalla riconciliazione con il mondo. Dobbiamo vivere lucidamente, accettare la morte, in accordo con ciò che siamo veramente e con ciò che si trova al di fuori di noi, in armonia con i nostri familiari e con l'universo. (...)
E' una lezione di vita che rompe con il discorso religioso dei monoteismi passati e futuri, un messaggio che la filosofia dovrà soltanto, per così dire, tradurre in ragione per elaborare a modo suo dottrine della salvezza senza Dio, della vita buona per noi semplici mortali."
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