lunedì 7 febbraio 2011

MAMMA MAMMAZZA: IO SONO...

Io sono Alice. Runner e fan, nickname Meraviglia, social network Alice Moon, vita a contratto, sovrappeso per delusione d’amore, sensibile. Volevo solo fare jogging, lo giuro. Non faccio sesso nei luoghi pubblici, lo giuro. Mostri come Piero li avevo visti solo chattando, ma lì posso spegnere, lui non ho potuto spegnerlo. Non ho potuto spegnere più niente. Io non faccio la testimone di delitti, lo giuro. Infatti, volevo andare via. Dicevo: basta, smettiamola. Macché. Allora mi sono messa le cuffiette e ho alzato il volume. A me la realtà così reale mi sciocca.

Io sono un commissario di polizia. Nubile, vaccinato e procedurale. Ci sono crimini per ogni procedura e procedure per ogni crimine. Con le dovute accezioni. Se per esempio, capisce cosa intendo? mettiamo che c’è una madre che ammazza il figlio proprio sotto i miei occhi. Una madre, capisce? Io che faccio? Di fronte a una famiglia, le procedure sono in allarme rosso. Cautela. Attenti, però. Famiglia naturale, che se è di quelle contro natura allora non c’è problema: tagliamoci le palle, dico io. Ma una madre santa donna o un papà che in fondo è sua figlia saranno fatti loro no? Tutto in famiglia, tutto regolare. Con una madre io è meglio che vado via perché ci avrà avuto i suoi motivi e chi sono io per dire che è una bastarda assassina? Madre di famiglia è.

Io sono Chiara, scura. Ci provo ad accendere la luce dentro di me, buio. Sì, qualche lumicino qua e là come quando guardi dalla finestra crepuscolo invernale nebbia i lampioni occhi di bestie in agguato l’alone della ferocia. Io invece sono buona. Non l’ho mica ammazzato io, Piero. Ha fatto tutto la mamma, io non ho neanche detto niente. Nessuno mi ha mai ascoltata, che cosa dicevo? Adesso sono qua nel buio che corro e ho paura: se cado? Se mi faccio male? Se incontro uno come Piero? Chi mi aiuta, a me? Ma per quanto devo correre? Per sempre, forse. Se mi fermo, incontro qualcuno. Che cosa gli dico? Che Piero… sssst, non bisogna dire niente. Ficcare tutto in fondo, nel buio. E correre via, lontano dal vicino.

Io sono Piero. La mamma mi ha insegnato a non parlare con gli sconosciuti e nemmeno con gli altri. Ma gli altri non ci sono neanche, io conosco solo la mamma. Non ci sto male in casa, però mi piace scappare fuori e vedere tutte le cose e le persone che ci sono. Qui è sempre la cucina il bagno la cameretta la mamma Chiara e basta! Mi piace immaginare che le ragazze s’innamorano di me. Glielo faccio vedere così capiscono che io, da parte mia, m’innamoro subito, se loro ci stanno. Ma non ci stanno mai. Mi tocca sempre scappare. Fa un po’ ridere uno che scappa a casa e appena entrato vuole già scappare via dalla casa. Ma io non rido. La mamma, se mi vede ridere, mi dice: ma sei diventato scemo? Se sono serio dice: ridi qualche volta, no? Allora mi è venuta questa faccia che non si capisce se rido o se… Ma io non piango mai.

Io sono la mammazza. Abbandonata dal marito e tradita dai figli. Bastonata dalla vita, ignorata dalle istituzioni ed emarginata dal vicinato. Chi mi ha mai dato una mano? Tutto da sola, io, sempre. In casa mia, decido io che cosa è bene e che cosa è male. Un figlio lo si ama, l’altro lo si odia. C’è bisogno di amore e di odio, nella vita. E se c’è da spargere sangue, non mi tiro indietro. Ah, gli ipocriti che non si sporcano mai le mani! Io, per il bene della famiglia, qualunque cosa. Anche sacrificare me stessa. Rimanere sola. Era il mio destino, no? Non me l’ha detto anche Chiara, che sono sempre stata sola? E che nel mio cuore… Ma che cosa ne sa lei dell’amore? Che ne sa di un amore tanto grande che ti fa ammazzare il figlio? Lasciatemi qui, con i miei gatti. Meglio con loro che con gli ingrati. Non è amore, questo?

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