giovedì 3 febbraio 2011

UCCELLI CANICANI


Alla sinistra della mia postazione al computer, oltre l’ampia finestra, a tre metri da me, ogni giorno gli uccelli mi fanno compagnia. Mi alzo, bevo un tè, preparo il vassoio con panettone crostata semi misti pastone a volte strutto, riempio il dispenser di semi di girasole, rientro e mi metto a scrivere. Là fuori si affollano sui cespugli, a ondate. Prima i passeri, che sono di vedetta e calano voraci e festosi; poi i verdoni tozzi e prepotenti; in mezzo ci si mettono le cince e i fringuelli; il pettirosso va e viene guardingo e solitario. Quest’anno le gazze se ne stanno lontane, non so perché; e anche le tortore. Non ho ancora rivisto i colombacci, lo scricciolo, il saltimpalo… Non so se morirebbero di fame, senza la mia fornitura quotidiana; so che sono belli grassi e contenti. Certo, sporcano, escrementi e bucce di semi. Ma poi piove, si lava via tutto. Uccelli in inverno. Canicani. Non trovano cibo, respirano tossine, gli sparano, i gatti sono in agguato… Bambini sulle strade del mondo, e sappiamo bene com’è il loro viaggio. Poveri disgraziati sfruttati condannati emarginati cacciati da ogni luogo disprezzati odiati picchiati uccisi torturati imprigionati. Erano esseri umani, ora sono solo carne da macello. Imbarazzano, sporcano… e poi la storia lava via tutto. Nemmeno il ricordo. Non è questione di elemosina. Bella ipocrisia la monetina e basta. Bisogna andare a monte, agli atteggiamenti. Quale concezione si ha della società. Della nazione. Del mondo degli affari. Che cosa si pensa della giustizia sociale. Della ricchezza. Di sé. Degli altri. Non è questione di religione. Le religioni non hanno mai risolto i conflitti sociali. Anzi, se ne alimentano. È questione di quello che abbiamo dentro, della nostra visione del mondo. Se è un poco giusta, e basterebbe anche solo un poco, ci si avvierebbe su una strada diversa. Ma per la maggioranza la visione del mondo è egocentrica, punto e basta.

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