Ai tavoli della “Compagnia dell’Agnello” si erano già accomodati l’elfa arciera Canbett con gli hobbit esploratori Cancion e Canfil. Il locandiere Burgo servì loro birra chiara e scura. Nessuno parlava. Erano tutti in attesa di qualcuno e di qualcosa. In un angolo, Marcos accompagnava con la viella il bardo Aquilio che cantava imprese eroiche ancora da compiere.
La porta fu spalancata e sull’abbaglio si stagliò l’orco Tatù, villoso e ingrugnito, con la sua ninfa Chicce, radiosa. “Birra, Burgo!” urlò l’orco spaccando un tavolo con un pugno. Lo schianto fu seguito dal fracasso della porta divelta dai cardini e scaraventata sopra la quercia millenaria. Il troll Lo entrò allargando il vano con le spalle nude, muscoli di pietra. “Mi distruggi la locanda!” gemette Burgo; ma il troll lo zittì con un ringhio. Dalla breccia nel muro volò dentro sulle vibranti ali di libellula la messaggera Julia, più veloce di uno sguardo. “Eccolo!” annunciò.
Il camino emise uno sbuffo di fumo arcobaleno in cui si formò la figura del mago Stephano. Levò alto il braccio sinistro per fare alzare tutti in piedi, poi levando il destro fece crollare una parete e sul prato antistante apparvero gli abitanti del borgo, assiepati per assistere ai prodigi.
“Staniamo il lupo!” comandò il mago.
“Ma voi chi siete?” domandarono in coro gli spettatori.
In quel momento, calò un’ombra gigantesca e tutti rabbrividirono. Tra loro e la locanda si posò un drago. Ci stava in arcione la regina Martosta, seguita dalle amazzoni Carlott e Lindola sopra candidi cavalli alati.
“Noi siamo Lupusagnus” rispose il drago. Poi soffiò fiamme in cielo per incidere il nome sulle nubi.
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