lunedì 31 gennaio 2011
SI ACCENDONO, SI SPENGONO
MAMMA MAMMAZZA ritorna
Teatro Binario 7, 5 - 6 febbraio - Via Turati 8, 20052 Monza
MAMMA MAMMAZZA
Trilogia della Famiglia - 1° spettacolo
di Aquilino
con Tommaso Banfi, Marta Comerio, Paolo Bufalino, Annamaria Rossano,Giorgia Senesi
regia Stefano De Luca
produzione LupusAgnus.
“Una madre ama sempre il proprio figlio, anche quando lo odia”.
Mamma mammazza di Aquilino è un piccolo testo di grande
cattiveria. In scena cinque personaggi per una storia assurda: Piero,il figlio, esibisce al parco le proprie “vergogne di uomo” ad un’incauta runner, Alice. Dopo il fattaccio, torna a casa, dove una Madre mostro-divoratrice, una medea del ventunesimo secolo, lungi dal proteggerlo e nasconderlo, lo respinge, lo aggredisce, lo tortura verbalmente (e non solo), lo umilia, lo massacra, lo annichilisce,inzigata da Chiara, la sorella.
A queste femmine folli si aggiunge un ottuso commissario di polizia,presentatosi con la vittima a casa di Piero e della sua sconclusionata famiglia.
Sarcastico, sconvolgente, sempre sul filo di un’ironia tragica, Aquilino riflette - come in uno di quegli specchi deformanti da luna park - vizi, perversioni, mostruosità, intrinseche storture dei legami familiari.
“Io ti ho fatto, io ti distruggo”
Un’altra meravigliosa frase che tutti noi, prima o poi, nella vita, ci siamo sentita dire dalle nostre madri. Ma cos’è questo benedetto sentimento materno? Una forma di cannibalismo lecito? Una prigione? Una bomba a orologeria? Le moderne statistiche hanno impiegato duemilacinquecento anni per dimostrare il teorema dei tragici greci: ovvero, i peggiori delitti nascono sempre i famiglia.
Edipo et Clitemnestra docent.
Woody Allen ci ha messo del suo.
Eppure, sempre lì torniamo, all’amore di mamma.
Cinque attori e un regista formatisi alla scuola di Giorgio Strehler.
Un drammaturgo che scrive anche libri per ragazzi e per adulti.
Un testo che diverte e sconcerta, insinuando sotto pelle una sottile inquietudine. Uno spettacolo divertente come un giro in ottovolante,tra risate e tuffi al cuore. Si sa, di mamma ce n’è una sola.
Meno male.
... ritorna con un nuovo interprete al posto di Sergio Leone, Paolo Bufalino.
Laureato nel 2006 in architettura al Politecnico di Milano. Diplomatoalla Scuola D'arte drammatica Paolo Grassi nel 2001. Ho lavorato comeattore di teatro con Ugo Pagliai, Paola Gassman, Pippo del Bono. Comeattore di cinema in produzioni come "La donna della mia vita"di Luca Lucini, "Persecución" di Patrice Chèreau, "Io no" di Simona Izzo, etc...
Come attore televisivo " Camera Cafè" nel ruolo di Andrea Pellegrino [produzione Magnolia]
domenica 30 gennaio 2011
SCRITTURA
Il secondo volume (arriverà entro una decina di giorni), "D'Armonia, di sangue", viene presentato così, in retro di copertina:
"Ancora una volta la vita tranquilla di Albino Guidi viene sconvolta dall’intromissione di Atena. La dea lo esorta a fare teatro con una filodrammatica speciale, della quale entra a far parte una titanide in fuga da Ares. Il dio trova alleati in paese, cinici e ipocriti. La battaglia di Albino riguarda non solo la libertà di espressione, ma gli ideali di un mondo tollerante e giusto. Lo spettacolo straordinario che alla fine presenta alla popolazione è un inno ai valori veri, non quelli conclamati da tribune e pulpiti."
Invece, in bandella:
"Io non voglio diventare vittima del potere. Che sia detenuto da uomini o da dei è indifferente, sia gli uni sia gli altri sono meschini e mediocri. Perché così avviene, che il potere finisce sempre nelle loro mani, nelle mani dei peggiori. Io voglio vivere così, tra la gente pacifica. Voglio vivere, Albino, e come Armonia mi è concesso. Come titanide no.”
Albino, nel terzo libro, si ritrova a difendere non tanto i valori sociali e la libertà di espressione, quanto la carica vitale di passione ed entusiasmo per le cose belle e davvero emozionanti che le nuove generazioni sembrano aver perso, soffocandola con l'apatia, la superficialità, l'egocentrismo sterile.
I ragazzi del Teatro dei Passeri avranno bisogno di una "ricarica" e dall'Olimpo arriverà...
CANICANI, L'AUTORE E IL MUSICO
sabato 29 gennaio 2011
venerdì 28 gennaio 2011
CANICANI PROVE
Mi mostra le fotografie del trucco. Se n'è occupato un professionista, anche lui in piena sintonia, ecco i musi dei canicani!
giovedì 27 gennaio 2011
CANICANI, IL REGISTA E L'AUTORE
Stefano De Luca è il regista. Il regista sono Stefano, il portatile e il blocco note. Stefano è una mente con la luce sempre accesa, un cuore sempre pronto ad aumentare i battiti, uno sguardo onnivago (neologismo, il regista e l’autore inventano il nuovo), un corpo ondivago su e giù dalla sedia avanti e indietro per la scena.
Il regista non vede persone attorno a sé, vede personaggi, fotografi, coreografi, costumisti e tecnici. Con loro parla, mai però per fare conversazione, solo per guidare nella giusta direzione la grande macchina dello spettacolo.
Paziente e cortese, ascolta le persone quando interrompono il silenzio rituale ed espongono osservazioni o addirittura suggerimenti; ascolta e non sente, o sente e finge di non ascoltare, depositando le parole in uno scrigno che riaprirà a tempo debito.
Idra dalle cento teste d’oro, il regista fa passi falsi, una testa cade, ma altre due ricrescono subito feconde di idee e soluzioni.
Il regista amalgama gli elementi naturali che ha portato alla luce dai cuori degli attori, dopo che ha scrutato nei labirinti dietro i loro sguardi; fa appello a una scienza antica che carica di energia la materia inerte, infondendole lo spirito; e mescolando e rimescolando va alla ricerca della pietra filosofale che tutto trasmuta in oro, anche le parole stanche.
Ora arranca, ora vola, ora scivola, ora danza, ora precipita, ora salta alto nel cielo per vedere sé stesso e la scena dalle nuvole; ora gesticola esagitato, ora osserva muto, ora si assenta, ora ride.
Il regista è regista anche di sé stesso.
Egli è sette attori ed è ciò che fa di sette attori un unico interprete. Di cento scene fa una visione, di mille parole un solo lungo applauso. Il regista è sette attori, è la luce. Vede corpi in movimento nell’aurora e al tramonto, nell’abbaglio del meriggio e nella tenebra della notte. Ascolta i respiri e gli strilli, ascolta la musica. Ce l’ha nello stomaco, una vibrazione per l’anima. E infine è pubblico, e guarda alla propria destra e si ritrova seduto in platea; e guarda alla propria sinistra e si ritrova nella testa dello spettatore. Da lì, dirige.
(fotografia di Lorenzo Ceva Valla - http://www.lorenzocevavalla.it)
CANICAN, GLI ATTORI DELL'AUTORE: CARLO
Carlo Ponta è Burgo, il gestore del ristorante “Frattaglie”, rinomato per singoli, coppie e orge culinarie. Entra cantando. La faccia un sorriso sbracato e onnivoro, la smorfia oscena di chi vede il mondo come cibo. Faccia di pagliaccio che offre divertimento e piacere. Il suo è un invito a godersi la vita. Avanti, avanti, prendete posto! Provvederà lui a tutto. Nato per servire. Benefattore dell’umanità.
Non è un uomo, è un’azienda. Florida. Il cui unico obiettivo è la soddisfazione della clientela. Cuore e mente e coscienza asserviti a sviluppo e profitto. La fame sostituita dalla golosità. La golosità pretende le novità. Sempre nuove ricette, sempre nuovi manicaretti. Un consumo totale.
Nella logica aziendale, le vite dei canicani hanno valore solo in quanto materia prima. Non sono individui con diritti, non sono nemmeno individui. Sono carne e basta. Burgo non vede al di là del bilancio di fine anno. Tutto perde di significato, se l’azienda soffre. Se i conti vanno in rosso, la maschera del pagliaccio si fa tragica, ma è solo piaggeria. Burgo non esita a ossequiare coloro di cui ha bisogno umiliandosi senza dignità, sapendo che comunque il vincitore sarà lui, perché solo lui trarrà un vero profitto. Disprezza gli intermediari tra lui e la materia prima, privi della sensibilità necessaria per apprezzare la differenza tra un rene e un fegato. Ama la materia prima come il collezionista ama le farfalle che infilza vive con lo spillo. I suoi fornitori sono esseri umani? Devono essere fieri di finire nel piatto di un goloso buongustaio! Il mondo funziona così, qualcuno è il cibo, qualcun altro lo mangia. L’importante è che il cibo sia cucinato bene. Altrimenti i clienti disertano il ristorante.
(da una foto di Lorenzo Ceva Valla)