domenica 16 gennaio 2011

SCRITTURA


Ho finito e spedito “Messalina di brughiera”, storia di una signora di Milano che lascia il marito e viene a rintanarsi in provincia, in una casa in mezzo ai boschi. Il suo vicino è Beleno. Il dio dei Celti. L’ ho scritto con convinzione e passione, divertendomi. Altrimenti non è scrittura, è chiacchiera di salotto, o ecolalia, o delirio, o furberia di marketing. Mi piace scrivere di uomini e dei che interagiscono. Posso farlo bene dato che non credo in dio.
"Gli dei malevoli" (miti minori riscritti a mio gusto, aggiungendo situazioni e personaggi inventati) non sarà pubblicato da Robin a cui l'avevo spedito. Claudio Messina l'ha trovato difficile e commercialmente improponibile per una piccola-media casa editrice. A chi lo manderò? Non lo so. Nessuno vuole pubblicare cose così, di stampo intellettuale-letterario. Sarà pubblicato post-mortem (mi auguro).
Ora posso dedicarmi a “Se muore l’Arlecchino”, di cui ho scritto una ventina di cartelle. Come nasce un libro? Da un’idea vaga. Volevo mettere a confronto il teatro dei grandi con quello dei piccoli: adulti e bambini, professionisti e dilettanti, famosi e sconosciuti. Da una parte, quindi, il “Teatro dei Passeri”, ragazzini senza alcuna preparazione specifica; dall’altra “Lupusagnus”, con regista e attori professionisti (Piccolo Teatro e Filodrammatici).
Poi volevo che ci fosse continuità con il secondo volume della serie su Albino Guidi, “D’Armonia, di sangue”. Il raccordo l’ho ravvisato subito nel desiderio di vendetta di Ares. Sconfitto, umiliato ed esiliato, incarica Ade di… di fare qualcosa di terribile ad Albino.
Trovato l’antagonista, ci vuole un eroe. Lo portano le Cariti (le tre Grazie), un preadolescente vivace e malizioso il cui nome fa tremare i cuori degli uomini.
Queste le fondamenta. Come strutturare una storia? Anzitutto, dai miei ricordi personali. Cambio nomi e luoghi e considero le persone reali che ho conosciuto alla stregua di statue di argilla da modellare a mio piacimento. In questo modo realtà e immaginazione contribuiscono entrambe al risultato finale: il personaggio.
Poi mi lascio guidare dai personaggi. Alcuni scaturiscono dal mio tempo passato e presente, come ho detto; altri appartengono all’Olimpo, e sta a me scegliere quelli giusti.
Se metto in campo Ade, facile che intervenga anche Persefone. Se da una parte c’è l’alleanza dei maschi (Ares, Ade…), dall’altra ci sarà quella delle femmine (Atena, Cariti, Persefone, Afrodite…).
Ade, l’oltretomba. Se viene tra gli umani, viene per uccidere.
Qualcuno, quindi, è in pericolo.
Qualcuno che è un simbolo forte, la cui fine diventa metafora del degrado dell’umanità, che non ha più amore per l’arte e il teatro, e la poesia e la letteratura… ma si perde dietro televisione, cattivo gusto, volgarità, mediocrità eccetera.
Facendo il gioco degli dei, si scopre che potrebbero intervenire Cerbero (già incontrato nel secondo volume), le Erinni, le Moire, Minosse giudice infernale… Eh, sì, perché qualcuno da giudicare c’è, qualcuno tanto ipocrita da predicare l’amore e da volere la morte di un bambino che forse è figlio della provetta o di un trio lesbico o…
Uh, che guazzabuglio entusiasmante (enthusiasmòs, dal greco, avere il dio dentro, essere posseduti).
Tanti personaggi interessanti s'impossessano della storia e la portano chi di qua chi di là. Io intervengo per tracciare una strada comune, senza mai ignorare la potenzialità espressiva di ogni personaggio, la sua verità e coerenza, il suo equilibrio nello sviluppo della storia. Di sera, o al mattino nel dormiveglia, apro la gabbia dei personaggi e li lascio liberi di seminare episodi che sogno come se avessi un film nella testa.
A me, poi, non resta che fare il montaggio.
E il libro si fa (quasi) da solo, quando lo spunto iniziale è buono e i personaggi sono fecondi e vengono trattati con rispetto.
E come in “D’Armonia, di sangue”, ci sarà uno spettacolo… divino. Anzi, due.
Domani mattina mi metto a scrivere.

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