Marta Comerio-Canbett, canecane. La saggia. Sa che spetta a lei prendersi cura dei canicani. Non è solo sorella, è madre, ma soprattutto è l’unica che vagheggia l’idea di un cambiamento. C’è un futuro diverso, da qualche parte.
Sul pavimento, si lascia andare ai giochi con i canicani, senza ritrosie come Canfil, ma anche senza lasciarsi andare del tutto come Cancion. Ama Cancion perché si è mantenuto innocente, mentre Canfil è andato via via assomigliando sempre più ai loro aguzzini. Gioca, ma rimane sempre vigile. Non perde mai i contatti con l’ambiente. È consapevole in ogni situazione. Vigila alla ricerca di occasioni, che sembrano non venire mai. Vive il presente in quanto preludio del futuro. Anche lei è vittima, ma ha preservato dalle devastazioni della violenza un angolo incontaminato di coscienza, del quale vuole avvalersi per cercare una vita migliore.
Eccola correre angosciata da un lato all’altro della casa-mattatoio. I canicani sono soli in casa e lei chiama “mamma!” come se chiamasse sé stessa, come se si cercasse. E poi eccola fare di nuovo branco. Non se ne andrà mai da sola. Una vittima rimane vittima se si lascia alle spalle i compagni di sventura. Lei è capobranco. Annusa l’aria. Cerca l’odore della salvezza.
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