Maddalena Giovannelli fa parte della redazione di www.stratagemmi.it, rivista di teatro sia online sia cartacea. L'estate scorsa mi ha chiesto di scrivere qualcosa sulla mia drammaturgia. Per me è stata un'occasione molto importante e coinvolgente. Ero a Otranto e ho scritto di getto l'articolo, ripercorrendo trent'anni di avventure teatrali in provincia e con Lupusagnus e il Teatro dei Passeri.
Mi sono reso conto che è giunto il momento di capire e di motivare le mie scelte drammaturgiche. Perché determinati argomenti? Perché l'umorismo nero? Perché la mancanza di didascalie? Perché l'affezione per rime e filastrocche? E molte altre cose. Non mi sento un ritardatario o un superficiale. Fa parte del mio metodo di lavoro, sempre stato impulsivo e perfino avventato. Ho scritto tanto, tantissimo, sia per adulti sia per ragazzi. Ora per continuare a scrivere sento il bisogno di definire un metodo.
Prendo come punto di riferimento il dio greco Pan. Divinità anomala. Pan è dio, uomo e bestia. L'unico dio che può morire. E infatti una leggenda racconta che al tempo di Tiberio (42 ac-37 dc), il pilota di una nave egiziana sente gridare "Thamuz Panmegas thetneke" (Thamuz, il grande Pan è morto!). La Chiesa fa di Pan il diavolo, Satana. Sia per le sue fattezze sia e soprattutto per le sue libertà sessuali. Pan che terrorizza (timor panico) e che suona il flauto. Pan emarginato sia dagli dei sia dagli uomini, Pan che vive a stretto contatto con la natura (Pan come tutto).
Insomma, ci sono gli elementi per avviare un'indagine sulla mia drammaturgia, quella che è stata e quella che sarà: il senso panico della vita, la morte, l'arte, la difficoltà di comunicazione, la solitudine, la violenza, l'emarginazione, l'irrisione dei valori civili...
Sto raccogliendo materiale per il mio saggio e sto in contemporanea scrivendo un'opera riflettendo su come voglio che sia, un'opera di teatro. Quindi, per il momento accantono la prosa. Ho scelto di scrivere un sequel di "Mamma mammazza" con il titolo provvisorio di "La casa dei gatti".
Con la madre, che si chiama Emma, vivono i gatti che hanno mangiato Piero. Alcuni maschi e una femmina, legata alla luna, al sogno, alla ricerca di una vita diversa. Emma attende con ansia e timore il ritorno di Chiara. Si trova in conflitto: vuole accoglierla a braccia aperte e nello stesso tempo ucciderla. Poi non so. Vado cauto. Per me, è un'opera importante. Quella che segna una via nuova. Se ci riesco. Non tutto mi è chiaro. Forse non sono in grado di fare ciò che in modo confuso mi prefiggo.
Ci tento.
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